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lunedì 30 luglio 2012

ILVA DI TARANTO: MORIRE AVVELENATI, MORIRE DI FAME DISOCCUPATI O EMIGRARE?


Innanzitutto piena solidarietà ai tarantini, sia a quelli che lavorano all'ILVA o nell'indotto sia a quelli che non ci lavorano. Non è colpa loro se si è arrivati a questo punto. Si accusa la politica. Giusto. Il servilismo durante questi anni nei confronti della famiglia Riva è sotto gli occhi di tutti. Ma cosa ha fatto la Magistratura dal 1961 in poi? Grazie quindi anche al GIP Todisco (ai PM e alle Forze dell'Ordine che li hanno coadiuvati) per aver fatto, finalmente, per conto dello Stato, il proprio dovere.
Dei ritardi della politica abbiamo già accennato. Quella nazionale, quella regionale pugliese, quella tarantina. Ma neanche i Sindacati storici (nazionali e locali) possono dire di avere la coscienza a posto. E si vede dai comunicati impauriti che stanno diramando in queste ore. Capiscono che la gente è esasperata e che la situazione può sfuggire loro di mano. Sicuramente singoli dirigenti avranno denunciato, lanciato allarmi. Ma è evidente che in questi decenni la "ragion di stato" sindacale abbia prevalso. Si sostengono i lavoratori tout court e si spera nel Tribunale del riesame. E' evidente che 12000 operai imbestialiti , a stento guidati dai loro delegati sindacali, non riprendono il lavoro così tranquillamente dopo aver quasi posto in stato di assedio una città, se non hanno, seppur riservatamente, avuto precise rassicurazioni dai soggetti istituzionali che, si sa, in questi casi, remano abbastanza in sintonia tra loro. E non è neppure un caso se i tecnici che avrebbero dovuto avviare le operazioni di spegnimento che durerebbero 2 mesi neppure abbiano messo il naso fuori dai loro laboratori.
Siamo italiani e queste cose, da sempre, le capiamo al volo.
Quindi facciamo un passo in avanti, qualche considerazione sull'immediato futuro.Innanzitutto: l'ILVA è uno stabilimento essenziale per l'economia italiana ma è tecnicamente ormai superato e alla fine del suo ciclo utile.Risponde a una logica antica, di sfruttamento indiscriminato del territorio e di disprezzo per la salute a vantaggio del profitto.Non ce ne siamo accorti ma il modello tarantino è quello oggi imperante in quelle realtà del mondo appena sviluppato in cui si sacrifica tutto alla minimizzazione del costo del lavoro (ricordate quando si parlò di quella fabbrica cinese, detta "dei suicidi" in cui una multinazionale occidentale aveva, con grandi profitti, delocalizzato una sua produzione?). Come capita di frequente accusiamo società che si trovano a migliaia di km. da noi di comportamenti che attuiamo nel cortile di casa nostra e, per di più, con nostri connazionali.
Parliamoci chiaro e non cerchiamo di diluire le responsabilità e di buttarla in politica. Qui occorre non fermarsi agli arresti domiciliari dei proprietari ma assicurarsi che presto tutto il loro patrimonio , in Italia e all'estero ,sia quello personale che quello celato nelle casse della società ILVA, venga destinato alla popolazione tarantina (lavoratori e cittadini) per iniziare a lenire i danni (a volte irreversibili) procurati da questa famiglia. Non sta a noi indicare le soluzioni tecnico-giuridiche per realizzare ciò ma alla politica nazionale innanzitutto (la riforma elettorale può aspettare un pò)perchè questo si configura come un disastro doloso di proporzioni nazionali da punire esemplarmente.
Diciamo poi un'altra cosa chiara: l'accordo raggiunto tra governo, parti sociali e enti locali sulla bonifica e il risanamento è solo fumo negli occhi, un inganno, per gli operai e per i cittadini di Taranto.I soldi di cui si parla (336 milioni di euro non ancora tutti a disposizione più altri 100 promessi dalla Regione Puglia) non sono soldi legati a interventi ex novo dopo il disastro ma denaro occorrente per onorare impegni e accordi presi prima e sui quali, a questo punto, relativamente all'effettiva incisività, è lecito avanzare pesanti dubbi. E poi sono pochi: a Porto Marghera, per un intervento analogo, si stanno investendo 5 miliardi di euro. Meglio a questo punto che in blocco tutti questi soldi vengano subito riversati sugli operai dell'ILVA e dell'indotto (almeno saremo sicuri della loro corretta destinazione) per i quali si prospetta un lungo periodo di difficoltà che a stento potrà essere fronteggiato con i soli ammortizzatori sociali.Perchè diciamoci la verità: lo stabilimento ILVA mai e poi mai potrà essere compatibile con la città di Taranto. Facciamocene una ragione. Comprendiamo che ormai lo scandalo ha raggiunto un livello tale che è probabile che sulla questione ci metta le mani l'Onu ancor prima di occuparsi del nucleare iraniano.Tecnicamente non è possibile bonificare quel tipo di impianto senza prima spegnerlo. Non è vero che Taranto sia una città a vocazione industriale, chiedetelo ai mitilicoltori e agli allevatori che hanno dovuto chiudere i battenti.L'industria semmai dovrebbe portare sviluppo complessivo, non produrre cattedrali nel deserto per di più creato dalla stessa industria con lo sterminio degli esseri viventi. Chiudiamo l'ILVA, abbandonando illusori e antieconomici propositi di bonifica e riconversione, sosteniamo per 3-4 anni il reddito degli operai (compresi quelli dell'indotto) raccogliendo i soldi così come da noi indicato, riuniamo intorno a un tavolo i soggetti sociali tarantini, pugliesi , nazionali e internazionali e individuiamo un modello di sviluppo alternativo, con produzioni ecosostenibili, magari creando una zona franca fiscale. In 3-4 anni può avvenire il miracolo: diminuire e azzerare i morti avvelenati, sostenere questi eroici lavoratori che, come quelli della centrale di Cernobyl , hanno quasi certamente compromesso il loro futuro per assicurarne uno alle loro famiglie e alla loro regione ed evitare una ingiusta ripresa del fenomeno migratorio di tanti bravi lavoratori italiani.

lunedì 23 luglio 2012

SFRATTI PER MOROSITA':UNA DELLE TANTE EMERGENZE O UNA PRIORITA' NAZIONALE?

Dicono che essendo l'Italia una nazione nella quale i proprietari di casa sono la netta maggioranza, in realtà quella degli sfrattati sia una patologia, una zavorra che deve trascinarsi qualsiasi società sviluppata.E' vero che spesso la difficoltà di possedere casa si tramanda di padre in figlio. Si sa: i soldi chiamano soldi, il risparmio chiama risparmio. Dai tempi dei Vianella (ricordate la canzone "Semo gente dè borgata"?) si è sviluppato il contro-mito. Da una parte le formiche risparmiatrici del ceto medio, una vita silenziosa e anonima, ma ordinata e, dall'altra, i farfalloni, i romantici, quelli a cui i soldi fanno schifo e pazienza se i figli hanno problemi, i soldi finiscono prima del 27 e la padrona di casa, non pagata o pagata in ritardo promette che andrà dall'avvocato e li farà cacciare.Due modi di vivere che hanno attraversato per decenni il nostro Paese. E' cambiato lo sfondo, più metropolitano e tecnologico, ma la sostanza è rimasta quella . Vedi i film in bianco e nero del neorealismo e ci ritrovi tante cose, della tua gioventù e dei giorni d'oggi. Diventa quasi un orgoglio, in queste vite comunque squallide, non essere diventati "come quelli " sia da una parte che dall'altra.E il conflitto si fa più aspro nel caso di matrimoni "misti", già , poichè è vero che l'Italia sta diventando più lentamente multietnica ma, in realtà, ci siamo ben allenati con gli incroci tra ricchi e poveri, tra formiche e cicale, coi figli (confusi) che non mediano ma scelgono l'uno o l'altro modo di vivere.Tutto all'interno degli stessi nuclei famigliari. Oggi leggevamo di qualcuno che si dichiara contrario alla patrimoniale perchè darebbe il colpo decisivo al ceto medio.E' come se, affondando la nave e dovendo tutti salire sulle scialuppe, qualcuno cerchi di rallentare le operazioni per assicurarsi che la composizione di esse rispetti le proporzioni dei ceti sociali.Anche a rischio che qualcuno possa rimetterci la pelle.Davanti alla morte non esiste differenza di classe: tutti gli esseri umani ne hanno terrore alla stessa maniera. L'ideale sarebbe che fosse azzerata l'evasione fiscale. Ma non ci siamo riusciti dal dopoguerra, difficilmente potremmo farlo in pochi mesi. Un modo ci sarebbe: occupare militarmente i paradisi fiscali e espropriarne le ricchezze, così come si vanno a invadere gli stati canaglia. Realistico?No, perchè finirebbe il gioco e il potere di solito non si autoelimina.L'evasione quindi resterà per anni un fantasma inafferrabile ed è meglio stare coi piedi per terra e capire come se ne esce in maniera normale (pur nella straordinarietà).
Torniamo al ceto medio che scomparirebbe con la patrimoniale.Con quest'ultima non è mai morto nessuno. Anche se per un pò di tempo molti dovessero (ricordate l'"austerità"?) abbassare il loro tenore di vita, sicuramente, appena possibile, superata la bufera, potrebbero (sempre che ci siano arrivati per merito e non per lignaggio) tornare nel ceto medio. Quando affonda la nave, si sale sulla scialuppa, ci si stringe, si salva la pelle e si torna poi alla vita normale.Ecco perchè ci saranno per molto tempo due bisogni, quello abitativo e quello alimentare che , al di là della sospensione degli sfratti e degli ammortizzatori sociali, dovranno forzatamente trovare soluzioni strutturali per un periodo indeterminabile, in attesa che l'Italia possa tornare ai fasti del boom economico.
La casa quindi: l'esigenza di blocco ad oltranza degli sfratti (finchè la situazione non si sarà normalizzata), anche a scapito della proprietà immobiliare, assume ormai una importanza prioritaria in termini di ordine pubblico e di mantenimento della civile convivenza.Senza di questa, il concetto stesso di proprietà potrebbe essere messo in  discussione. Nel frattempo, via libera alle iniziative delle istituzioni per realizzare una politica vera della casa. Censimento case sfitte, utilizzo del patrimonio pubblico non per saldare debiti ma per convertirlo in alloggi popolari a basso costo. Ciò per chi la casa non ce l'ha (le graduatorie già esistono da anni, sono quelle delle case popolari).Per chi già è in casa popolare, indifferibile è mettere in atto interventi di manutenzione per recuperare standard minimi di decenza. A Milano è in atto un interessante coinvolgimento, nella soluzione di questi problemi, dei Comitati degli inquilini che dialogano con il Comune. Negli anni '70 in poche settimane vennero approvate a maggioranza leggi speciali contro il terrorismo. Oggi, a differenza di allora, quelli che muoiono non sono politici, magistrati, poliziotti o giornalisti: sono persone umili che si suicidano perchè non sanno dove andare a dormire coi loro figli o sono vecchietti che cadono per il crollo di un balcone in cui stavano innaffiando i fiori.La vita umana ha la stessa dignità, indipendentemente dal ceto sociale di appartenenza.

venerdì 20 luglio 2012

CONDIZIONE DELLE MAMME IN ITALIA: FELTRI APRE LA LUCE, LA SEN.OMBRETTA COLLI (AIUTATA DA LUI) LA CHIUDE

Interessante botta e risposta tra il Direttore Feltri e la Sen.Colli.
Feltri:
http://www.ilgiornale.it/news/interni/bimbe-lasciate-auto-e-madri-lasciate-sole.html
Colli:
http://www.ilgiornale.it/news/interni/feltri-ha-ragione-cos-mamme-vanno-aiutate.html
Innanzitutto quantifichiamo l'entità del fenomeno: 5 milioni di casalinghe, gli uomini sono solo 63 mila. Lo dice l'ISTAT: leggere per credere
http://www.dimmidove.it/dettaglioflash.php?id_flash=30945
La notizia pertanto riguarda un caso (milanese) fondamentalmente metropolitano.La mamma in SUV (a cui consigliamo di vendere il SUV, comprare una utilitaria e destinare un pò di soldi in baby sitter) che non sapendo dove sistemare le figlie se le porta dietro al supermarket e le lascia in macchina poco tempo per andare a fare degli acquisti.
Condividiamo molte delle osservazioni di Feltri. Le famiglie sono disincentivate, di fatto, dallo Stato, a procreare.Ma è inutile mettersi le mani nei capelli per l'eventuale sorpasso demografico degli stranieri. Quello avverrà comunque, facciamocene una ragione così come riguardo alla futura multietnicità del nostro Paese. Già oggi le mamme straniere, in famiglie che lavorano e pagano le tasse, hanno problemi identici a quelli delle italiane. E poichè gli esseri umani hanno pari dignità, lo Stato di entrambe deve occuparsi.Giusto aspirare a un maggior impegno lavorativo delle donne (Feltri fa proprie dunque due storiche bandiere della sinistra e delle femministe) ma oggi, nel 2012, siamo un pò più avanti: deve essere una libera scelta e nel caso di impegno totale in casa ciò non necessariamente si traduce in danno ma , se sostenuto, in beneficio per il Paese, in termini di risparmio e qualità dei servizi e di qualità della vita (più affettività) per la crescita dei figli. Non è paragonabile l'apporto di una insegnante retribuita con quello diretto di una mamma.Proprio perchè le città sono radicalmente cambiate e la famiglia si è destrutturata.Ma se la libera scelta della donna è di lavorare (e la libertà c'è laddove non si è obbligati dal bisogno) allora lo Stato ha il dovere di surrogare, nella qualità e nei tempi, le esigenze delle famiglie, per esempio con un tempo pieno che arrivi fino alle 18-19 dei giorni lavorativi.Altro tabù da sfatare: la durata delle vacanze scolastiche. Perchè 3 mesi? Impegnamoci piuttosto a rendere più gradevole la vita nelle strutture scolastiche. E' vero: le private sono organizzate meglio e risparmiano rispetto alle pubbliche. Ma le pubbliche non sarebbero più competitive se lo Stato fosse più propenso a investirci sopra?No, non lo si è fatto, il privato è cresciuto, ha aumentato gli utenti e aspiranti tali e oggi quello che in Costituzione era aborrito (soldi pubblici alla scuola privata )è diventato un must per tutti gli amministratori locali. Resta però, nonostante tutto, opaco il sistema di agevolazione della famiglia per una libera scelta. I redditometri non funzionano, il caos fiscale è talmente imperante che, così come avviene per le case popolari, anche per le scuole è altamente presente il rischio che il più bisognoso venga sfavorito a vantaggio del meno bisognoso più furbo.Comprensibile l'amarezza di Feltri per l'inadeguatezza della politica negli ultimi anni sui temi della scuola e della famiglia. Ma osserviamo che questi partiti non si sono votati da soli. Qui l'abolizione delle preferenze non c'entra nulla. Questi politici, sono, tutti, specchio della maggioranza degli elettori italiani i quali non credono in una educazione di contenuti e di valori ma in una scuola di vita fondata sulla furbizia, la prevaricazione e l'interesse. In sintesi: i soldi per la scuola pubblica sono inutili, meglio non pagare le tasse  e spendere quei soldi in scuole private (anche religiose)che garantiscano disciplina, riparo dalla delinquenza e preparazione severa in vista di una università altrettanto esclusiva che possibilmente promuova l'ingresso del proprio figlio nella futura classe dirigente. Altro che istruzione come fattore di competitività per tutto il Paese!Competitività si, ma per uso privato, a vantaggio dei ceti forti a scapito dei deboli. Ma nell'uno e nell'altro caso la novità è che i soldi non ci sono più. Per cui non si sa dove suggerire ai politici (che puntualmente non ci ascoltano) di recuperarli. Feltri pensa a ridurre gli ammortizzatori sociali mascherati (false pensioni, forestali, assunzioni statali clientelari) la Sen. Colli addirittura se la piglia con le giornate perse dagli insegnanti in distacco sindacale.Insomma: si apre la luce ma poi la stessa si chiude scadendo nella trita e ritrita polemica politico-ideologica.
Per carità,possiamo essere anche d'accordo nel merito. Siano benedetti la Guardia di Finanza, la Corte dei Conti e le Autorità di controllo quando scoprono e colpiscono gli abusi denunciati da Feltri (e da noi) e chissà quando si occuperanno di verificare di nascosto se i distaccati svolgono effettivamente attività di dirigente sindacale e non invece i fatti loro avendo l'unico merito di essere amici, parenti o amanti di boss sindacali (ma scusi, Sen. Colli, lei affiderebbe fino alle 18 i suoi figli a insegnanti "recuperati" dopo aver truffato lo Stato in questa manierà?). Ma diciamoci la verità: per una volta non sarebbe opportuno chiedere non al Governo di turno ma al complesso dell'elettorato: "scusa, ci spieghi che tipo di istruzione vuoi tu per i tuoi figli e quanto saresti disposto a spenderci?". Allora si che avremmo le idee chiare sia per stabilire gli oneri ma anche, eventualmente, per convincerci che la Costituzione, su questo argomento, forse andrebbe un pò aggiornata.

lunedì 9 luglio 2012

SPENDING REVIEW:THE DAY AFTER

“La CGIL se farà uno sciopero generale lo farà unitario A SETTEMBRE “(cioè con CISL, UIL e, con le debite distanze, con l'UGL). “Non esclude però una mobilitazione a luglio, sulla sanità”. Quindi sicuramente il Paese non verrà bloccato. Se lo fosse stato ora il governo PDL-PD-UDC sarebbe entrato in crisi. E non può, perchè deve portare a termine il suo compito. Lui, e non altri. Monti, non i partiti che lo sostengono. L'energia di tutti i lavoratori italiani verrà quindi convogliata e liberata quando in Parlamento tutto sarà fatto e compiuto. La stessa Confindustria, con Squinzi, può permettersi, pubblicamente, in coro con la CGIL, di dire peste e corna del governo (indispettendo Monti, a cui certe cose non erano state dette neppure dai suoi allievi all'Università). CGIL, CISL, UIL, UGL sono i sindacati che hanno i loro referenti politici nei partiti che sostengono il governo, per questo alle consultazioni vengono invitati solo loro. Occorre ammettere però che sono gli unici sindacati a saper portare in piazza migliaia di lavoratori (i quali non sanno più a che santo votarsi per evitare il peggio del peggio). Quindi qualche merito l'avranno. Quanto meno sono i più convincenti e rassicuranti. Gli altri sindacati? Tutti molto (a me) simpatici ma , purtroppo, zero. Politicamente (non sono interlocutori della politica, tutt'al più ottengono ogni tanto una interrogazione parlamentare) , organizzativamente (le cifre sparate sugli iscritti sono da sempre oggetto di ironia) socialmente (poche iniziative, con poche persone, che non preoccupano nessuno). Ciò vale sia per i sindacati “autonomi” che per quelli “antagonisti”. Nonostante tutti gli iscritti a qualunque sindacato siano sicuramente appassionati alla causa e in buona fede (mentre, diciamoci la verità, molti dirigenti sindacali lo fanno solo per business). Purtroppo partecipare a un sindacato in Italia per i lavoratori significa essere presi per i fondelli. L'unica speranza, per il singolo lavoratore, è che in questa battaglia il vaso non caschi in testa proprio a lui ma al vicino. Chissà in quanti uffici pubblici già dirigenza e funzionari stanno facendo i conti su a chi toccherà. Un po' come a scuola, quando, con tabelle sofisticate, si cercava di capire a chi sarebbero toccate le prossime interrogazioni.


Quindi sta passando tutto, ma proprio tutto, quanto voluto dalla classe dirigente del nostro Paese in danno delle condizioni di vita dei lavoratori, pubblici e privati. Questo sistema politico è concepito per autoconservarsi (e ci riuscirà), questo sistema sindacale per tutelare se stessi e i potenti.


E il lavoratore/cittadino? Paralizzato. Dalla paura di essere licenziato, di non riuscire più a pagare il mutuo o di perdere la casa acquistata. Le banche ed Equitalia sono lì ad attenderci. Lotta sociale? Inutile perchè ci sono i sindacati a controllarci. Ribellione elettorale (Lega Nord, SEL, IDV, Grillo)? Impraticabile. Se ne andrebbe qualsiasi sicurezza di preservare quel poco che si è risparmiato. L'italiano è politicamente moderato perchè è prudente. Ma è chiaro che siamo sotto ricatto.Non cambierà nulla , almeno politicamente. Inutile minacciare il non voto o il voto in cambio dell'impegno a depotenziare la spending review. Soprattutto l'impiegato pubblico vota il singolo partito nella stessa proporzione in cui lo fa il resto dell'elettorato. E continuerà a farlo, per prudenza. Sono possibili exploit ma una volta sola. C'è poi un altro dato che condanna in partenza gli impiegati pubblici. Presso il resto dei cittadini la popolarità loro (e della P.A. Cui appartengono) è agli stessi livelli rasoterra di quella dei politici. La popolazione cioè manderebbe volentieri all'inferno la P.A. (con il suo contenuto umano) e la Politica (indipendentemente dall'appartenenza partitica). Difficile che gli uni o gli altri possano fungere da base per il riscatto dell'Italia.


Troppo tardi (CISL)pensare alla riorganizzazione per evitare i tagli. I tagli ci saranno e dovranno essere i cittadini, nel Day After, a pretendere di avere determinati servizi che da anni mancano o sono insufficienti indipendentemente se da un soggetto pubblico o privato. Altrimenti, sì che verrebbe meno la coesione e il senso stesso delle Istituzioni. Guardiamo alla realtà: il personale pubblico (funzionari e dirigenza) attualmente non ha più credibilità. Occorreva pensare prima a evitare di delegare, come propri rappresentanti, carrieristi senza scrupoli e traffichini, capaci solo di tutelare se stessi e men che meno di svolgere un ruolo propositivo.E di rafforzare sigle sindacali esistenti ad immagine e somiglianza dei partiti, garanti, per loro conto, dell'ordine sociale.


E' dal 1980 che la contrattazione è una finta contrattazione (è da allora infatti che su questo subiamo un vero e proprio lavaggio del cervello) e quindi da allora si è sviluppata una finzione, un teatrino, che ha portato solo danni e povertà, che ha raso al suolo la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. L'appiattimento retributivo e di carriera ha demotivato tutto il personale e, dal 1993, la scandalosa retribuzione che hanno cominciato a percepire “dirigenti” promossi per raccomandazione ha completato il lavoro. E poi la corruzione, il malaffare, il nepotismo, e chi più ne ha più ne metta.


La falsa privatizzazione ha ucciso una PA già cadavere. Finora si era tirato avanti perchè le risorse ancora bastavano. Ora la festa è finita e molti ci rimetteranno posto e pensione.Anche perchè la retribuzione è talmente bassa che se di nascosto non ce la erogassero neppure ce ne accorgeremmo. Vale a poco l'allarme sulla fine dei servizi essenziali. In pratica già sono inesistenti o se ci sono, pura illusione. Ognuno di noi, raccontando episodi vissuti in prima persona, potrebbe attestarlo.


Siamo d'accordo nel cercare di riorganizzare la PA attraverso una concertazione tra Governo e parti sociali ma tra queste ultime debbono essere ricomprese anche le organizzazioni dei consumatori. E poi insistiamo, fino alla noia: occorre una alleanza tra chi lavora in buona fede nella PA e i cittadini/utenti esterni ad essa. Questa è l'unica cosa che temono i governanti, i banchieri, la partitocrazia, le gerarchie sindacali. Andiamo oltre queste forme organizzative dei lavoratori, oltre queste divisioni artificiose in sigle sindacali. Se la contrattazione deve essere finta, meglio che venga abolita. Se i meccanismi di rappresentatività diventano la maniera per rendere impossibile e impotente una vera dialettica, aboliamoli, torniamo all'assetto precedente. Se gli interessi dei lavoratori della PA e quelli costituzionalmente tutelati degli altri cittadini sono entrambi compromessi dal crollo di un sistema economico e sociale, poniamoci l'interrogativo se abbia ancora senso una legge sulla limitazione del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali.


E infine finiamola con gli opportunismi anche interni alla fascia dei lavoratori pubblici “normali”. Ci facciano capire, anche attraverso forme democratiche di consultazione, quali forme di lotta siano disposti a adottare se, cioè, sono veramente disposti a tutto , determinati a rivoltare questa Pubblica Amministrazione, le sue assurdità e i suoi privilegi, come un calzino.


Le organizzazioni sindacali del lavoro pubblico che sono disposte a questo salto di qualità nella lotta per l'esistenza (dei lavoratori, delle loro famiglie e dei servizi) si facciano avanti e si impegnino unitariamente. Quelle intenzionate al doppio gioco vengano isolate e i loro fautori cambino mestiere, perchè il tempo della pazienza è finito.