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venerdì 18 ottobre 2013

ASSEGNATO AD ANDREA BENZI , STORICO ED AVVOCATO IN MILANO, IL PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO “AMBASCIATORI DELLA FAME”

Ambasciatori della fame (1892), olio su tela, cm 51,5x73, collezione privata

http://www.zavagli.it/giuseppe_pellizza_da_volpedo.htm

Mercoledì 23 ottobre 2013, a Corridonia (MC) si terrà la 3^ “Giornata Nazionale del Sindacalismo”. Durante l'evento, che mira a valorizzare ogni aspetto del ruolo sindacale senza alcuna preclusione, viene assegnato il riconoscimento “Ambasciatori della fame” che prende il nome dal dipinto di Giuseppe Pelizza da Volpedo (il dipinto anticipa e annuncia il più famoso “Quarto Stato”).Quest'anno il riconoscimento verrà assegnato, tra gli altri, allo storico Andrea Benzi, avvocato in Milano e Segretario Nazionale della ANVG Associazione Nazionale Volontari di Guerra, che ha avuto la capacità e il merito di curare le opere del grande sindacalista FILIPPO CORRIDONI. Il Convegno avrà per titolo : “Il lavoro umano:chiave essenziale di tutta la questione sociale”.
http://it.wikipedia.org/wiki/Filippo_Corridoni



Per leggere le opere di Filippo Corridoni curate da Andrea Benzi , clicca sul seguente link:

http://roberto-fasciani.blogspot.it/2013/10/per-procurarsi-le-opere-di-del-grande.html





PER PROCURARSI LE OPERE DEL GRANDE SINDACALISTA FILIPPO CORRIDONI CURATE DA ANDREA BENZI...

...Inviate alla e-mail dell'AGL agl.alleanzageneraledellavoro@gmail.com la vostra richiesta completa di nome, cognome, indirizzo, paese, numero di telefono, codice fiscale per ricevere il pacco in contrassegno.
Prezzi (spese postali escluse):
  1. F.Corridoni “Il fuoco sacro della rivolta” Ed. Seb, Anno: 2006, Pagine: 360
    euro 20,00
  2. F.Corridoni “Come per andare più avanti ancora” , Ed. Seb, Anno: 2001 Pagine: 284
    euro 18,50
  3. F.Corridoni “Per le mie idee”, Ed. Seb, Anno: 2oo3, Pagine: 225
    euro 15,00
  4. offerta speciale: tutti e tre i volumi 35,00 euro.
    F.Corridoni “Il fuoco sacro della rivolta”
Il volume raccoglie una larga parte della produzione giornalistica corridoniana, apparsa su “L’Internazionale”, “La conquista”, “Gioventù socialista”, “L’Internazionale”, “L’Avanguardia” e “Il Popolo d’Italia”. La presente raccolta rappresenta un quadro tale da rendere completo onore al Corridoni giornalista, affiancandolo a buon diritto al Corridoni sindacalista e al Corridoni eroe di guerra, di cui “Come per andare più avanti ancora…” e “Per le mie idee” sono testimonianza documentale, offrendoci un’idea compiuta del suo percorso biografico e politico



F.Corridoni “Come per andare più avanti ancora”



La prima pubblicazione organica degli scritti di Filippo Corridoni (1887-1915), il sindacalista rivoluzionario che aderì all’interventismo e morì eroicamente in guerra in un assalto alla Trincea delle Frasche. L’attualità del pensiero corridoniano nell’odierno contesto economico e sociale.


F.Corridoni “Per le mie idee”



Dopo la pubblicazione degli scritti politici e sindacali di Filippo Corridoni (“Come per andare più avanti ancora”, Società Editrice Barbarossa di Milano), il passo editoriale successivo porta alla pubblicazione di quanto resta del carteggio corridoniano, proseguendo quindi lo sforzo per restituire al pubblico nazionale una raccolta il più possibile completa di tutto quanto ha lasciato di scritto il sindacalista soldato. Per la stessa casa editrice milanese è uscito infatti, curato da Andrea Benzi, il volume “..per le mie idee” (Lettere, frammenti epistolari, cartoline dal fronte): non solo un contributo fondamentale per leggere la vita dell’ “arcangelo sindacalista”, attraverso il percorso intimo che sempre la corrispondenza è in grado di svelare, dai tempi della giovinezza alla tragica ed eroica morte sui campi di battaglia, ma anche una testimonianza scritta della storia italiana dal 1904 al 1915, storia del movimento sindacale, storia politica, storia economica, sociale e di costume. Un crescendo da tragedia è suscitato dalla lettura di queste lettere, frammenti, brevi e significative cartoline militari, commoventi prove dell’Italia che poneva le proprie basi nel XX secolo, con le sue lotte per la sua definitiva unificazione politica e territoriale, con le azioni sindacali per i diritti, la dignità e l’etica del lavoro, con le guerre per acquisire il suo nuovo ruolo e la sua completa sovranità nel contesto europeo e mondiale, risultati questi, tutti scaturiti dal sangue e dal sacrificio di intere generazioni, dal confronto talvolta anche fratricida delle opposte fazioni politiche e sociali. Dalla gioventù marchigiana e dall’accenno ad uno sfortunato amore nella nativa Pausula, dal 1931 rinominata Corridonia, alle lettere narranti l’incessante azione sindacale a Milano e Bologna, alle cartoline militari scritte dalle trincee del Carso o da qualche provvisorio accantonamento in prossimità del fronte, questa raccolta, purtroppo frammentaria, è tuttavia sufficiente a darci una piena e compiuta idea dell’autore, della sua vita, delle sue passioni e dei suoi pensieri, nonché ci apre alcuni squarci della vita italiana di quegli anni con i suoi protagonisti, destinati a recitare in seguito un ruolo di primissimo piano nelle vicende politiche nazionali, come Benito Mussolini ed Alceste De Ambris, futuro Duce e capo del fascismo il primo, futuro capo di gabinetto di D’Annunzio a Fiume e sostenitore del primo antifascismo il secondo. Qui e là poi, alle lettere ed alle cartoline più “impegnate”, si affiancano altre note di una straordinaria “normalità”, che parlano della vita di tutti i giorni, della famiglia, del lavoro, di piatti di tagliatelle e di vino, veri e propri interstizi o sfondi in cui si sviluppa l’incredibile avventura terrena di Filippo Corridoni, grandissimo eroe umano, prima che eroe sindacalista e soldato. Tutto appare sorretto dall’idealismo più puro e dalla profonda sincerità del personaggio, tutto tende ad un?esasperazione tragica, degna di un moderno guerriero omerico, tutto spinge e trascina, in un’impennata esponenziale di ineguagliabile drammaticità, al momento cruciale della morte violenta in battaglia, cui l’eroe appare quasi consapevolmente predestinato da una vita troppo “dedicata” agli altri ed all’idea, troppo permeata dell’etica del sacrificio: così quel 23 ottobre 1915 muore Filippo Corridoni, in faccia agli Austriaci, esponendosi al loro fuoco. Tutto è in lui impegno, volontà, accettazione di un tragico destino, ma tutto è anche entusiasmo, coraggio, amore e amicizia, dolore sprezzante, talvolta lamento e scoramento, persino impulso politico e rivalità, gelosia ed ambizione, ironia e felicità, come è tipico del combattente integrale che, suo malgrado e per fortuna, vive il suo destino di uomo, agisce e soffre senza tuttavia mai perdersi d’animo, senza mai dimenticare la meta, dando tutto sé stesso.




domenica 13 ottobre 2013

EXPO 2015: LA FOGLIA DI FICO DEI SINDACATI CONFEDERALI E’ TRASPARENTE

E’ con profonda delusione che stiamo assistendo , in questi mesi che ci stanno avvicinando all’Expo 2015, alla squallida e piatta convergenza di ogni forza politica su un ‘ uniforme vulgata riguardante i presunti benefici occupazionali di questa manifestazione.
Chi ancora perde tempo a seguire le occasioni pubbliche in cui compaiono i politici avrà notato come questi siano assidui e immancabili frequentatori delle innaugurazioni, di qualsiasi opera si tratti, fosse pure di un nuovo vespasiano di plastica in un giardinetto pubblico.
E’ frutto cio’ della deteriore americanizzazione all’italiana della vita politica, nella quale la scadenza elettorale e la poltrona da occupare pro tempore sono diventate tutto.
E l’expo 2015 non sta sfuggendo a questa regola. Ci piacerebbe prendercela solo con i politici, ma non puo’ bastare, poiche’ i sindacati confederali sono da tempo in prima fila in questa messa in scena.
Sarebbe facile, quasi come sparare sulla croce rossa, esprimere timori su quali garanzie possa dare un governo regionale diretto da una forza politica che sappiamo quali prove abbia dato di saper essere davvero impermeabile alle infiltrazioni della criminalita’ organizzata.
Ma anche se volessimo dare a questo assetto di governo una seconda chance, non ci pare sia poi stata operata una netta cesura in relazione alla travagliata storia avuta dall’apparato politico chiamato a gestire commissarialmente l’organizzazione della manifestazione. Non possiamo, ad esempio, dimenticare che le cose dal 2008 hanno  cominciato a muoversi solo a partire da quando , nel 2013 l’attuale amministratore ha visto venir meno la presenza di un commissario generale pluriindagato per un lungo periodo e nonostante questo rimasto in sella.
Ma non intendiamo imbastire la solita polemica sul fatto che determinati appalti siano stati comunque, nonostante le buone intenzioni, inquinati dalla presenza di entità imprenditoriali oggetto tuttora di accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria.
I posti di lavoro, come il denaro, non profumano. Potrebbe scaturire buona occupazione anche per opera di imprese discutibili. L’importante e’ che quando determinati imprenditori vengono arrestati il soggetto pubblico non pensi solo a metterli in galera e a sequestrare ma a mettere in condizione nuovi soggetti puliti di subentrare e far ripartire i lavori, nell’interesse anche del mantenimento dei livelli occupazionali.
E qui e’ il primo punto storicamente debole della politica e del sindacalismo italiano, incapace di far pesare la propria forza per impedire, ad esempio, che quando questi obbligati passaggi di mano debbano avvenire cio’ accada nella certezza dell’assenza di conflitti di interesse. Facendo quindi pensar male ossia immaginare che qualche prudenza sia dettata da legami non chiari con le precedenti gestioni improvvisamente interrotte dall’intervento della Magistratura. L’esempio dell’ILVA e’ fin troppo vicino ed istruttivo.
Cosa non ci piace dell’intervento sindacale che ha prodotto la firma a fine luglio tra Expo 2015 e Triplice sindacale del protocollo sul Sito Espositivo che frutterà i seguenti posti di lavoro: 340 apprendisti, 195 stagisti e 18.500 volontari?
Non tanto il realismo. Sappiamo bene che e’ dovere di qualsiasi sindacalista, nelle condizioni date, adoperarsi  affinche’ qualcosa si muova. Meglio anche pochi posti di lavoro, anche se precari, che il deserto assoluto e la delocalizzazione che poi significa sfruttamento di altri lavoratori.
Ma qui si e’ davvero esagerato e in maniera scandalosa. L’adozione di quelle tipologie di impiego e solo di quelle snatura ogni visione avanzata di possibile flessibilità finalizzata a una visione moderna del processo di entrata dei giovani nel mondo del lavoro.Il messaggio ò chiaro: i contributi se possibile non vanno pagati, a beneficio delle aziende, qualunque cosa combinino, e anche a scapito dei lavoratori.E significa mettere la firma su un ben preciso concetto: e’ possibile creare nuove occasioni di lavoro solo tollerando il lavoro nero legalizzato. E’ vero, non c’e’ la firma “diretta”delle Istituzioni, sotto quel protocollo. Non ce la possiamo in teoria prendere con nessun responsabile politico. Ma e’ anche peggio: in pratica , con la riproposizione di un vecchio cavallo di battaglia di certo sindacalismo “i problemi li risolvano le parti sociali e il governo se ne stia fuori” di fatto condiviso da forze politiche, di maggioranza e di opposizione, e’ tutto il sistema che ha dato l’avallo politico alla fine del diritto del lavoro. Perche’ d’ora in poi le leggi regoleranno il nulla (il lavoro che non c’e’) e gli accordi tra i sindacati complici il lavoro nero, l’unico che conviene e piace alle aziende.
Da ultimo ci domandiamo come mai da una parte i sindacati seppelliscano le norme sul lavoro e dall’altra gli stessi partecipino a manifestazioni politico-partitiche a sostegno dell’art. 1 della costituzione. Forse questa Costituzione piace cosi’ tanto a loro perche’ finora gli ha consentito impunemente di creare tanti danni alle categorie che dovrebbero difendere? O perche’ si sentono tutelati meglio, nei loro interessi da un articolo fantasma (il 39) che inapplicato e’ meglio che lo rimanga il piu’ a lungo possibile?
E poi, cari colleghi dei sindacati confederali, come mai le vostre proposte contro la disoccupazione giovanile contemplano solo mega assunzioni pubbliche che mai si realizzeranno (per gli evidenti problemi di finanza pubblica) e non invece una precisa critica e proposta alternativa nei confronti di un modello di sviluppo (quello dei grandi eventi come l’Expo 2015 o la TAV o le Olimpiadi presenti e future) che non ha potuto e non potra’ assicurare ne’ uno sviluppo sostenibile ne’ (anche volendo essere minimalisti),tantomeno, stabile e buona occupazione?
Ma ormai la frittata e’ fatta, a Milano. Sappiano i lavoratori, anche quelli che lavoreranno a termine in Expo, che quei sindacati firmatari sono rappresentativi, si, ma solo delle rersponsabilità nel disastro esistenziale che vi procureranno. E che, grazie a dio, non esauriscono di certo il panorama del futuro sindacalismo italiano, dal passato glorioso.